MARCO BALLARINI (centrocampista) – UDINESE CALCIO S.p.A.

Data di nascita: 28.3.2001

Luogo di nascita: Gorizia

Altezza: 1.86 cm.

A cura di Christian Maraniello

State bene attenti a questo passo: il divertimento raggiunge l’apice nella sfida agonistica del superamento dell’avversario o del bel gesto tecnico”.

Con siffatta affermazione, che costituisce il giusto prologo di questa nuova ed interessante chiacchierata, Marco Ballarini,  talento del 2001, ci ha dato la sua personale filosofia sul mondo globalmente inteso del calcio.

Sono parole talmente semplici che però squarciano l’intero movimento, che ormai ha necessità di fermarsi un momento, per ricalibrarsi, rigenerarsi, vista la perniciosa andatura che lo sta portando verso un declino evidente di valori e di principi.

Onestamente non mi interessa neanche tanto indagare i motivi di questo degradamento, anche perché la tristezza passa quando incontro questi ragazzi così disponibili, insieme alle loro società (sempre molto attente alla loro crescita professionale), a discutere anche di argomenti che esulano dal calcio giocato, come l’etica, il rispetto, il divertimento, e – insomma – tutte quella tematiche che si riverberano (solo) di riflesso sul gioco in sé.

E devo dire che Ballarini, a dispetto dell’età, ha dimostrato di avere una sensibilità particolare, come leggerete più avanti, che direi va di pari passo con il talento tecnico che si porta dietro sin da quando, bambino, ha iniziato ad appassionarsi a questo sport  meraviglioso.

Alla scoperta di Marco Ballarini

Lasciando in disparte gli argomenti complicati, che probabilmente annoiano, è allora  arrivato il momento di conoscere calcisticamente questo talento friulano. Cominciamo con il dire che Marco è un centrocampista, chè viene spesso impiegato come esterno o addirittura terzino, date le sue capacità condizionali, e la sua proverbiale versatilità.

Questa è, di base, la sua anamnesi generale.

Ma in particolare, stigmatizzerei che da intermedio sta cercando una propria buffer zones. Sta imponendo cioè una propria interpretazione, pur all’interno di una richiesta precisa.

Infatti, a livello tattico, come mi ha precisato in dettaglio, in fase di possesso, viste le mie caratteristiche, il mister mi chiede di allargarmi dietro la prima linea di pressione avversaria, oppure di inserirmi dietro il terzino avversario per un lancio diretto. Dopo ovviamente i miei movimenti dipendono dalle situazioni di gioco: se il mio compagno che gioca come ala occupa già lo spazio in profondità io andrò a legare il gioco vicino e viceversa”.

Il fatto però che abbia richieste non significa che perda di vista la sua libertà discrezionale, caratterizzata da un ethos di giocate fluide e funzionali. 

Badate che l’interpretazione propria di una funzione non è una figura retorica, bensì un atto di eroismo (ritengo) necessario in questo periodo storico, dove tutto il comparto si sta trasformando verso l’intensità ed il dinamismo universale.

Ecco che quindi Marco ha capito che modificare il proprio work rate è vitale per sopravvivere alle nuove metodologie ermeneutiche. E’ qui che entra in gioco la sua duttilità, che gli ha permesso, in un tempo relativamente breve, di diventare un giocatore in tre, ossia esterno, mezzala interpretativa d’assalto e trequartista.

Sta tutta qui l’idea di modernità, quella cioè che vuole cambiare il concetto di ruolo – ormai vetusto –  verso una più ampia idea di funzione, invece che di mera posizione.

A me pare che, comunque, stia diventando, forse senza neanche saperlo, un ricercatore degli spazi, ossia un centrocampista (vorrei dirVi “totale”) che – quando ne ha la possibilità – si catapulta nel vuoto dove il pallone gli ha dato appuntamento.

Ad esempio, nella partita di inizio campionato, contro il Parma, Marco ha realizzato un gol tatticamente creativo (anche un po’ fortunato, a dire la verità), perché, appunto, nato dalla sua idea di aggredire lo spazio, partendo da mezzala, sovraccaricando le linee ed andando a riempire l’area, così arrivando al tiro.

Una tempesta improvvisa, come un quadro dadaista di George Grosz.

 

E raccontato così appare un gol banale, ma nella realtà Marco in quella posizione non ci doveva stare, se dava retta alla codificazione tattica. In quella mediana a tre, infatti, agiva da mezzala destra di raccordo, ed il gol è arrivato sul lato opposto.

Queste decisioni vengono dall’istinto, e senza pensare alle conseguenze. E’ lì, allora, che si svolge tutto il discorso del calcio: lo spazio vuoto è il territorio delle immagini mentali, che solo i creativi posseggono. Sono scarti della percezione necessari per far nascere la giocata, che prima non avevi pensato e che nessuno aveva visto.

Nessuno tranne Marco, appunto. Ed io sono convinto che i giocatori che vanno in cerca di guai servono al calcio, perché senza le illuminazioni si spegnerebbe tutto brutalmente.

Bisogna però dire anche un’altra cosa, sebbene qui c’entri l’età senza alcun dubbio: Ballarini non mi pare particolarmente partecipativo nella fase di non possesso, nonostante sia strutturato ed abbia capacità condizionali elevate. Il suo apporto nella situazione di difesa posizionale sembra solo tattico, in virtù della attenzione che dimostra verso i compiti assegnatigli, in specialmodo alla copertura degli spazi. In questa GIF vediamo il gol del pareggio al Parma.

Gli voglio dare un alibi: il suo concept è appena renderizzato, e pertanto sta imparando una nuova meccanica, e quindi se ne accetta il rischio.

Buona lettura, e mi raccomando, ditelo ai Vostri figli: “per divertirsi da bambini non ci deve essere  tattica, ma libertà e spensieratezza”. Grazie Marco, per queste belle parole.

Intervista a Marco Ballarini

Caro Marco, grazie per la Tua disponibilità. Raccontaci come è nata la passione del calcio, e cosa rappresenta per te questo meraviglioso sport.

Grazie a te. Sono sempre stato fin da piccolo molto portato per lo sport e sempre molto competitivo; credo dipenda da fattori innati e forse anche stimolati dal contesto in cui sono cresciuto, infatti in famiglia siamo tutti molto sportivi. Fin da piccolo ho praticato oltre al calcio anche il tennis e lo sci, ma il calcio era lo sport che ho sempre amato di più.  Ho un ricordo nitido di me, da ragazzino che mentre giocavo a calcio sentivo la musica nella mia testa! Era ed è sempre stato divertimento puro!  Non stavo mai fermo, e credo che il calcio rispondesse anche al mio bisogno di stare all’aria aperta a giocare: il pallone era sempre con me e palleggiavo sempre anche in casa. Posso dire che il calcio rappresenta da sempre la mia più grande passione!

Direi che si vede e si percepisce, non solo dal campo, come giochi, ma anche dalle tue parole, piene di intensità.  Descrivici, brevemente, il percorso che hai fatto nelle giovanili dell’Udinese, e se hai dei ricordi particolari delle prime partite giocate da bambino.

Ho percorso le stagioni all’Udinese dai pulcini alla primavera, prevalentemente nel ruolo di centrocampista, salvo la stagione 2017/18 in cui ho giocato in un’altra squadra (nella Triestina). Noi del 2001 eravamo un bel gruppo e nel corso degli anni ci siamo tolte molte soddisfazioni. Coi pulcini siamo arrivati secondi  al torneo di Città di Castel Guelfo contro il Torino, e ricordo le emozioni  dei tornei a San Siro e al Bentegodi. Da esordienti abbiamo vinto molti tornei: in due in particolare, a Torino nel 2012 e a Milano nel 2013, ricordo l’emozione di aver segnato un gol nelle partite finali. Anche il campionato giovanissimi è stato vincente; abbiamo infilato una lunga serie di vittorie con squadre più “anziane” di noi. Nella seconda parte della stagione ho giocato sotto età, nel campionato giovanissimi nazionali con la squadra dei 2000  dove ho giocato terzino sinistro. E’ stata una stagione molto stimolante perché siamo andati ai play off.  Nella stagione 2016/17  mi ricordo due belle vittorie con il Sassuolo e con il Milan a Milano. Nel 2017/18 avevo poco spazio ed ho chiesto di  poter crescere in un’altra squadra. Ho giocato in prestito alla Triestina, come ti ho accennato prima.  A giugno 2018, poi, ho partecipato ad un Torneo a Belgrado, con la Primavera dell’Udinese e sono ritornato in società a luglio dello stesso anno, dopo il ritiro con la primavera.

Ricordi chi ti ha scoperto, e come è andato il primo provino?

A 9 anni nella località di Grado ho partecipato ad un piccolo  torneo di calcio  in spiaggia, in cui ho giocato con ragazzi molto più grandi; qui mi hanno notato alcuni ex giocatori (tra cui Paolo Beruatto) e un allenatore delle giovanili dell’Udinese di quegli anni (Claudio Bazeu): proprio lui ha parlato di me al responsabile del settore giovanile Trevisan, il quale mi ha dato la possibilità di fare un provino all’Udinese Calcio, a fine Agosto.  Il provino è andato bene, mi sono allenato per circa una settimana e sono stato preso.  Sono entrato presso la società Udinese Calcio a settembre 2010.

Avevi solo 11 anni. Ci racconti cosa significa far parte dell’Udinese, dell’ambiente che si respira, ed il senso di appartenenza a questa società.

Dopo tanti anni ormai l’Udinese per me è come casa: l’organizzazione, le regole, le persone che si prendono cura di noi sono state una costante nella mia crescita.  Sono cresciuto in questa società e ormai vivere in questo ambiente gran parte della mia giornata è naturale e al tempo stesso gratificante, perché un ambiente così professionale è molto stimolante. Si cresce insieme e si condividono i momenti più allegri e divertenti della giornata, lo spogliatoio, gli scherzi e le battute; il tutto condito da tanta passione e voglia di migliorare. L’atmosfera è quella di una società professionistica che vuole essere al top: la dimostrazione è sotto gli occhi di tutti nello stadio nuovo.

 Concordo. C’è una partita, in particolare, che ricordi nelle giovanili dell’Udinese, e perchè? 

In tanti anni ci sono state tante partite che ricordo volentieri ma devo ammettere che le partite più emozionanti sono quelle che sto vivendo ora.

 Ritorniamo dopo a parlare di calcio giocato. Però, prima di proseguire sulle tue caratteristiche tecniche, vorrei soffermarmi su alcune tematiche secondo me importanti, che spesso sono sottovalutate. Ad esempio, recentemente Carlos Tevez, in una intervista ha detto: ho la stessa sensazione di quando giocavo da voi: i ragazzini sanno tutto di tattica ma la palla non la toccano bene. In Argentina si gioca ancora per la strada”. La tematica della “strada” la riteniamo fondamentale, per la crescita di questo sport, e sappiamo che ormai i ragazzi non giocano più come una volta, preferendo rimbambirsi al telefonino o alla playstation.  Cosa ti senti di dire ai bambini che si affacciano al calcio?

La prima cosa che mi viene in mente è quella che mi hanno sempre detto i miei genitori: divertiti! E per divertirsi da bambini non ci deve essere  tattica, ma libertà e spensieratezza. Credo che alla base di ogni attività ci debba essere la passione ma soprattutto il divertimento; è anche vero che per me questo aspetto è sempre stato anche legato al mio essere molto competitivo. Per cui il divertimento raggiunge l’apice nella sfida agonistica del superamento dell’avversario o del bel gesto tecnico.  La tattica decisamente deve venire dopo e non ostacolare il divertimento.

 Interessante questo aspetto. Lo scriviamo sempre anche noi che alla base di tutto ci deve essere il divertimento e – aggiungo – la libertà tattica, che è poi una specificazione ulteriore del primo. Comunque, abbiamo pubblicato delle interessanti interviste sui problemi del calcio giovanile, con Dino Baggio, Antonio Cabrini, David Di Michele, e sono venute fuori argomentazioni molto stimolanti, soprattutto su come i ragazzi stiano perdendo un po’ di vista la vera essenza del calcio, che è passione, divertimento, e cultura del sacrificio. Ad esempio, Di Michele mi ha detto testualmente che “I ragazzi, come sottolineate spesso, stanno perdendo i valori dello sport, e le colpe sono da attribuirsi un po’ a tutti i livelli: dagli stessi ragazzi, sino ad arrivare ai genitori, al sistema calcio in generale, e poi i social mediaCome vedi la situazione vivendola in prima persona?

In effetti il mondo del calcio è senz’altro molto influenzato da fattori esterni per il grande interesse economico e mediatico che lo circonda. Sicuramente è un mondo molto competitivo, dove tutti hanno voglia di arrivare in alto: per me e credo per molti ragazzi con cui sono cresciuto, accomunati dalla stessa passione, c’è a spingerci  soprattutto la voglia di giocare e scendere in campo per praticare lo sport che amiamo. Immagino purtroppo che per tanti altri non sia così: io ho la fortuna di essere stato  supportato dai miei genitori verso il divertimento. Quindi vivo questo sport come una passione  che mi gratifica e mi diverte, poi certo c’è anche il sogno di arrivare sempre più in alto.

 Ma questo è naturale. E condivido. Parliamo ancora di magia e di passione. Prendo spunto da un recente evento svoltosi in Vaticano (il 24.5.2019) dal titolo “Il calcio che amiamo”; tra i tanti passaggi più emozionanti del Pontefice, vi sono questi: “La felicità è dare un pallone a un bambino per giocare (…), dietro a una palla che rotola c’è quasi sempre un ragazzo con i suoi sogni e le sue aspirazioni (…). Spesso si sente dire anche che il calcio non è più un gioco: purtroppo assistiamo, anche nel calcio giovanile, a fenomeni che macchiano la sua bellezza. Ad esempio, si vedono certi genitori che si trasformano in tifosi-ultras. Il calcio è un gioco, e tale deve rimanere (…). Si rincorre un sogno, senza però diventare per forza un campione. È un diritto non diventare un campione”. Ecco, riflettendo un attimo davanti a queste parole, credi che il calcio stia davvero perdendo la magìa che aveva nella nostra infanzia?

Io non credo che si possa praticare a lungo una qualsiasi attività sportiva se non c’è la passione e il divertimento.  Purtroppo esistono senz’altro genitori ossessionati che probabilmente non hanno dentro di sé i valori sani dello sport:  ho ricordi dei miei primi anni in cui genitori insultavano pesantemente ragazzini, arbitri e allenatori; credo che siano casi isolati perché nell’ambiente dell’Udinese in cui sono cresciuto è predominato sempre un atteggiamento propositivo ed equilibrato da parte del pubblico e dei genitori. Voglio sperare che il calcio, soprattutto per noi che lo pratichiamo, e per chi è cresciuto con i valori giusti, conservi il suo fascino. Parlando di magia, credo che molte persone amanti di questo sport – come me – lo seguano  con lo stesso entusiasmo di quando erano bambini.

Lo credo anche io, caro Marco. Ci sono però altri aspetti che fanno parte di una cronaca che a noi non piace, e che però alcuni ex grandi calciatori stanno affrontando con grande sapienza.  Ad esempio, avrai letto della proposta di Giovanni Galli di obbligare i genitori a partecipare ad “allenamenti pedagogici”, ossia riunioni rieducative per ascoltare i consigli di psicologi, dirigenti sportivi e pedagogisti, su come ci si comporta sugli spalti. Di questi argomenti ne ho parlato con Antonio Cabrini, Dino Baggio, e mister Di Michele, su questa Rivista. Quest’ultimo, in particolare, mi ha raccontato alcuni aspetti interessanti: “Sono convinto che sia molto più importante parlare con i ragazzi di etica e di rispetto, piuttosto che di calcio giocato, di tattica e di tecnica. Ecco, noi teniamo molto a questi ideali dell’etica e del rispetto, per cui ti chiediamo di esporci il tuo pensiero al riguardo, anche con riferimento a quanto esposto sopra.

Penso che etica e rispetto debbano essere dei valori basilari nell’educazione  di ognuno, e che  dovrebbero esserlo  non solo nel mondo dello sport, ma in tutti gli ambiti sociali che pongono ogni persona a convivere e collaborare con altre persone. Senz’altro nel mondo del calcio si assiste spesso ad un declino di questi valori, perché alle volte l’adrenalina fa perdere le staffe. Ci può essere lo stress della partita, il nervosismo e la rabbia, che portano a degli eccessi, oppure a dei comportamenti non corretti con arbitro o avversari, ma non va mai dimenticato che si tratta di un gioco. Quindi penso che sia utile un intervento rieducativo per ogni soggetto che vive il calcio.

 E poi c’è il razzismo. Ancora oggi assistiamo ad episodi incredibili (da ultimo a Verona, con Balotelli che scaraventa il pallone in curva). Voi ragazzi come vivete queste situazioni? Hai mai assistito ad episodi simili? Vi infastidiscono? Credi che si possa migliorare, ed in che modo?

Guarda, io il razzismo proprio non lo concepisco. Sono sempre cresciuto nel rispetto degli altri. Io e i miei compagni siamo cresciuti in una società che arruola ragazzi di vari paesi nel mondo e per tutti noi credo di poter dire che i cori razzisti siano un fenomeno  odioso che rovina il calcio. Per migliorare credo che  bisognerebbe condannare queste situazioni, come quella degli insulti a Balotelli. Invece spesso passano dei messaggi contraddittori e poco chiari. Io sto dalla parte dei giocatori che quando scendono in campo non dovrebbero mai subire attacchi razzisti. Poi è anche vero che quando si diventa famosi e la visibilità e attenzione mediatica sono al massimo livello un giocatore dovrebbe tenere un comportamento adeguato e rispettoso ed essere un esempio per i ragazzini e per tutti i fan che lo seguono. Se Balotelli ha sbagliato in passato, può non essere stimato da tutti, ma non si possono giustificare gli attacchi razzisti in alcun modo. 

 Chiuse le domande complicate, torniamo alla tua crescita professionale. Vorremmo facessi un excursus sulla tua carriera nell’Udinese: puoi raccontarci la metodologia di lavoro specifica nelle varie categorie, e in che modo sei cresciuto nel tuo ruolo naturale di esterno (vorrei sapere se vi sono allenamenti specifici, magari personalizzati per migliorare certe attitudini).

Spero di essere stato all’altezza!

 Assolutamente si.

Dunque, all’Udinese mentre nei primi anni si lavorava in maniera generale, sui fondamentali, dove ognuno faceva tutto senza distinzioni di ruoli, con il passare degli anni e soprattutto ora, si lavora sul dettaglio di ogni singolo ruolo, contestualizzando il lavoro con possibili azioni che possono ricapitare in partita. La suddivisione dei ruoli avviene in maniera naturale guardando le singole caratteristiche di ognuno. Facciamo molti esercizi che ci mettono in situazioni che possono capitare in partita, cosicché quando accadono siamo pronti ad andare a concludere non solo con palle pulite, ma anche sporche. Per quanto mi riguarda sono cresciuto come centrocampista, ma per le mie qualità vengo spesso impiegato a tutta fascia. In questo momento il ruolo in cui sto giocando è la mezzala, ma viste le mie caratteristiche, tra le quali la corsa a tutto campo, il mister mi sfrutta molto per dare profondità alla squadra. Nella mia carriera calcistica sono stato impiegato in molti ruoli: ho iniziato come difensore centrale da bambino, poi sono passato a centrocampo, poi terzino, ala e adesso mezzala.

Avevo il sentore che fossi un giocatore duttile. Ne parliamo tra poco di questa tua peculiarità. Sebbene conosca le tue caratteristiche principali, voglio che me le racconti tu, così come del tuo modo di giocare ed interpretare il ruolo di esterno o di mezzala. E soprattutto, dove, secondo te, puoi migliorare.

Certamente. Le mie caratteristiche principali sono la tecnica, la resistenza e la visione di gioco. In campo cerco di sfruttarle al massimo sia aprendomi sulla fascia per impostare un’azione d’attacco, sia inserendomi per ricevere un lancio diretto dalla difesa. Posso sicuramente migliorare in questi aspetti ma credo che l’aspetto in cui posso migliorare di più è la finalizzazione.

 Scusa se ti interrompo, ma a mio parere la finalizzazione è molto migliorata quest’anno. Come ti trovi nell’assetto tattico di mister Cristante? Mi pare che il modulo utilizzato sia un 4-3-3 molto dinamico, dove tu giochi esterno (secondo me a tutto campo) ma di fatto nel tridente, anche se spesso stringi il campo (ad esempio, contro il Parma, realizzasti un bel gol dando densità in area di rigore). Hai delle indicazioni ben precise dallo staff tecnico a livello tattico? E venendo a te nello specifico, il mister ti chiede movimenti codificati, magari in associazione con gli altri esterni (Tassotti), o ti lascia decidere in autonomia cosa fare durante le situazioni di gioco?

Si, esatto, il modulo che stiamo utilizzando adesso è un 4-3-3, dove io faccio la mezzala destra o sinistra; il mister cura molto la tattica sia in fase di costruzione sia in fase di non possesso. In fase di possesso, viste le mie caratteristiche, il mister mi  chiede di allargarmi dietro la prima linea di pressione avversaria, oppure di inserirmi dietro il terzino avversario per un lancio diretto. Dopo ovviamente i miei movimenti dipendono dalle situazioni di gioco: se il mio compagno che gioca come ala occupa già lo spazio in profondità io andrò a legare il gioco vicino e viceversa. In fase difensiva giochiamo compatti per recuperare subito il pallone in caso di seconda palla.

 Il calcio offensivo, ormai, si evolve mediante il contrasto tra due macro-contesti, ossia lo sviluppo posizionale (possesso palla) e quello transizionale (riaggressione palla e ribaltamento selvaggio). In queste due grandi categorizzazioni, un attaccante esterno, per poter essere considerato moderno, diciamo anche “europeo”, deve sapersi adattare ad entrambi i modelli. Per semplificare, ci sono esterni stratosferici, violenti, come Salah, Sanè, Sterling, Manè, Gnabry, Costa, Asensio, Bale, Neymar (per citarne alcuni), che sono esterni diretti, però funzionali ad entrambe le proposte. Tu credi di poter stazionare in entrambi i modelli, tenendo conto delle tue caratteristiche? Oppure credi di essere più adatto ad uno piuttosto che all’altro contesto? E se si, a quale?

Credo che poiché nella mia carriera ho rivestito più ruoli, tra cui anche il terzino, l‘aspetto agonistico e quindi di recupero palla immediato, una volta persa, si adatti alle mie caratteristiche, come anche lo sviluppo posizionale viste le mie qualità tecniche.

 Hai già realizzato 3 reti in sole 8 presenze complessive,  direi un bel bottino per un esterno o comunque mezzala. Come giudichi questo tuo inizio di campionato?

Sono contento del mio inizio di campionato perché sono migliorato molto negli ultimi 20 metri dove bisogna fare la differenza e adesso spero di continuare come sto facendo sempre, migliorandomi e dando continuità alle mie prestazioni.

 Ti chiederei anche di parlarmi delle vostre ambizioni, perché l’anno scorso siete retrocessi, ma mi pare che stiate cercando la immediata risalita in Primavera 1.

Le nostre ambizioni sono alte; siamo un gruppo unito, ci conosciamo già da molti anni e sappiamo di avere grandi potenzialità, quindi adesso dobbiamo continuare a lavorare con umiltà per vincere e tornare in primavera 1. 

Grazie alle tue prestazioni di grande livello, sei stato convocato in prima squadra, per una amichevole contro lo Spartak Jurmala, club di prima divisione lettone, e sei stato uno dei protagonisti, realizzando anche un gol. Ci parli della partita e della tua prestazione?

 L’amichevole internazionale è stata una partita intensa e un’ esperienza fantastica perché ho giocato dall’inizio alla fine. Ero molto emozionato ma anche molto concentrato ed eccitato di giocare per la prima volta quest’anno con la prima squadra; penso di essere sceso in campo con il giusto atteggiamento, cercando di fare il possibile per mettermi in risalto e per mostrare tutte le mie capacità al mister. Per tutta la partita ho cercato di fare le cose richieste dall’allenatore; mi inserivo, venivo a legare il gioco e alla fine ho fatto persino il terzino per gli ultimi minuti; le cose sono andate bene e mi sono trovato nel punto giusto al momento giusto riuscendo anche a segnare. La vittoria è stata la ciliegina sulla torta. A fine partita ho ricevuto i complimenti per la prestazione e mi hanno anche intervistato…un emozione unica.

 Si, l’ho letta. Restando un attimo ancora in tema “prima squadra”: puoi parlarci delle tue emozioni ad allenarti con così tanti giocatori importanti, e in che modo ti aiutano nel gruppo?

E’ un’emozione indescrivibile ritrovarsi a giocare con giocatori di così alto livello: il ritmo è altissimo ed è fantastico poter entrare in schemi di gioco e situazioni in cui dai e ricevi la palla, e ti confronti con giocatori incredibili sia dal punto di vista delle prestazioni atletiche che della tecnica. Alcuni di loro mi hanno dato fiducia, gratificato e soprattutto mi danno preziosi consigli. Durante l’ allenamento ricevo consigli sulla posizione da tenere in campo e mi caricano dal punto di vista agonistico.

Avevo preparato una domanda sulle altre posizioni che hai occupato durante la tua crescita, ma hai già risposto prima. Vuoi aggiungere qualcosa?

Si, diciamo che ho cominciato come difensore centrale, poi nei primi anni delle giovanili all’Udinese ero regista o mediano, poi trequartista e mezzala. Con gli allievi nazionali, quando sotto età ho giocato il primo campionato nazionale, mi hanno schierato terzino sinistro. Poi di muovo mezzala, lo scorso anno più spesso terzino destro, o esterno di centrocampo, meno ala e mezzala.

 La domanda però ha un senso perché riflette la questione, secondo me fondamentale nel calcio moderno, della versatilità, intesa come capacità di sapersi districare in altre zone ed in altri ruoli e compiti. Pensi che un domani ti evolverai in altre ed ulteriori posizioni?

Quest’anno dopo un anno da terzino ho ritrovato il ruolo di intermedio a e la voglia del gol. Ho infatti segnato 4  reti in campionato e tre assist, e un gol con la prima squadra; alle volte penso che per la mia capacità di dribbling e di saltare l’uomo potrei evolvermi nel ruolo di seconda punta, ma credo che le mie spiccate capacità aerobiche e di impostazione possano essere spese meglio, sia da mezzala che da esterno.

 Prima ti ho chiesto come ti vedi collocato nelle moderne concezioni. Guardi dei video specializzati per comprendere dinamiche e movimenti?

Guardo tantissime partite e se a volte me ne perdo qualcuna di interessante riguardo gli highlights sul cellulare.

Ormai tutto il calcio catalizza le statistiche e voi ragazzi ne siete giocoforza coinvolti. Ne sei consapevole? Come ti poni di fronte alle tue statistiche? Le studi o le studiate?

Sono consapevole che le statistiche hanno una grande importanza e per questo ci tengo a far bene. Sinceramente non le studio.

Quindi, abbiamo parlato a 360 gradi delle tue caratteristiche, però vorrei sapere se queste attitudini sono innate o se sei migliorato con il tempo, grazie al lavoro meticoloso tuo e dello staff tecnico.

Alcune doti credo siano innate: sono  sempre stato molto coordinato in tutto le attività sportive che ho praticato e anche la corsa e resistenza sono caratteristiche innate. Secondo me pero è grazie all’impegno e al lavoro continuo che si ottengono i risultati.

In Italia, si parla della pochezza tecnica delle nuove generazioni, anche se a mio parere il trend un po’ si è capovolto. Ci sono stati buonissimi risultati anche a livello di nazionale. I nostri under 17 sono usciti ai quarti del mondiale contro il Brasile. In Primavera, ma anche in serie A e B, ci sono ragazzi interessanti, come Esposito, Candela, Russo, Corbo, Gaetano, Riccardi, Piccoli, Tongya, Gasparini, Ahamada, Ricci, Mazza, Millico, Vignato, Udogie, e tanti altri (tra cui tu, senza dubbio). Si è alzato il livello secondo te?

Credo proprio di sì: lo scorso anno ho giocato contro molti di loro e la sicurezza e autorevolezza di alcuni erano notevoli. Il livello tecnico penso si sia molto alzato ma credo non così tanto il ritmo di gioco: la mia opinione è che ora il calcio inglese abbia un’ intensità e una qualità superiore rispetto agli altri campionati.

 C’è poi la poca fiducia nei giovani. Il livello si è alzato, ma le società non puntano sui di voi. Abbiamo parlato con diversi talenti (nel giro delle nazionali giovanili) su questo tema. Ad esempio, Flavio Bianchi,  capitano della Primavera del Genoa, mi ha detto testualmente: “in Italia è molto difficile emergere, perché i giovani hanno poco spazio e non riescono a dimostrare le proprie capacità, giocando pochi minuti o addirittura niente”. Quest’anno solo tre giocatori hanno esordito in A, provenienti dal settore giovanile, ossia Kumbulla, Esposito e Cistana. Cosa pensi di questo grandissimo problema?

Purtroppo questa è la realtà: è veramente difficile trovare spazio ad alti livelli per noi giovani. E’ un vero peccato che quasi tutte le squadre di serie A non scommettano sui giovani: secondo me il ritmo si potrebbe alzare. Si continuano  a preferire invece giocatori con più esperienza.

 Nel tuo ruolo, hai un modello di riferimento? E se si, cosa gli ruberesti, a livello tecnico o tattico?

 Il mio mito di sempre è Messi; adesso per il ruolo che sto giocando il mio modello di riferimento è Kevin De Bruyne. Gli ruberei sicuramente l’ intelligenza nel trovarsi gli spazi di inserimento alla perfezione, e la capacità di finalizzare e fare sempre la scelta giusta.

C’è un calciatore con cui vorresti giocare un giorno? Ed un allenatore? Se si, puoi descriverci le motivazioni?

Il calciatore con cui vorrei giocare è sicuramente Messi e sono troppe le motivazioni per elencarle. L’ allenatore è Guardiola perché penso che sia in grado di tirar fuori da ogni giocatore il meglio.

Hai un obiettivo specifico, a livello calcistico, nel breve periodo?

Gli obiettivi sono molti ma in questo momento in primo piano c’è dare continuità alle prestazioni, trovando ancora il goal e riavvicinarsi al Milan in classifica.

Segui il calcio estero? Quale?

Seguo molto il calcio inglese e spagnolo, che secondo me propongono il miglior calcio.

Ci parli del Marco “ragazzo”? Passioni, hobbies, studio, amicizie.

Il calcio mi occupa molto la giornata e quando trovo il tempo tra lo studio e gli allenamenti, mi piace stare con gli amici uscendo e giocando alla play.

Ultima domanda: il ruolo della tua famiglia rispetto alla tua carriera.

Come ho detto all’inizio la mia famiglia mi ha sempre stimolato e continua a motivarmi verso il divertimento, facendomi vivere il calcio sempre come una passione che arricchisce  la mia vita, dopo l’impegno scolastico. Prima la scuola poi lo sport, questo è sempre stato l’imput della mia famiglia. Sono cresciuto con la consapevolezza che la formazione scolastica deve essere imprescindibile poiché emergere nel mondo del calcio è difficile e condizionato da molti fattori che possono interrompere il percorso in ogni momento. Però c’è sempre stata da parte dei miei famigliari una grande fiducia nei miei mezzi e forse anche da parte mia la fiducia di arrivare ad un certo livello, anno dopo anno si è sempre più rafforzata. Il mio percorso non è stato sempre gratificante, ho sofferto delle situazioni che non riuscivo ad accettare, perché le ritenevo ingiuste, e la mia famiglia mi ha aiutato a superarle incoraggiandomi e supportandomi anche in scelte difficili.

 Complimenti Marco. E grazie di questa interessante chiacchierata.

Grazie a te.

Ringraziamenti

Marco, come avete avuto modo di leggere, è un ragazzo già maturo, nonostante i suoi 18 anni. Conosce il gioco del calcio, e le sue meccaniche, anche quelle meno discusse, come i veri valori che devono sempre sottendere questo sport. Lo ringrazio quindi, per la disponibilità e cortesia, e soprattutto per l’impegno che ha dimostrato nel darmi le risposte, che ho davvero apprezzato moltissimo. Gli auguro di poter diventare un calciatore importante, e soprattutto di non perdere mai la sua capacità di divertirsi in campo. Sono poi nuovamente grato alla società Udinese Calcio S.p.A., ed in particolare all’Ufficio Stampa, per la cortese autorizzazione e per la fiducia accordatami.

(Fonte foto: www.trivenetogoal.it)

Marco Ballarini
Marco Ballarini

 

 

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