EMANUELE ZUELLI (centrocampista) – A.C. CHIEVO VERONA (under 19)
- Data di nascita: 22.11.2001
- Luogo di nascita: Merano
- Altezza: 181 cm.
A cura di Christian Maraniello
Oggi parto da qui e cercate di entrare in empatia visiva: si gioca la tredicesima giornata del campionato Primavera 1, tra Sassuolo e Chievo, ed al minuto 24 il regista (e capitano) dei clivensi, Emanuele Zuelli, classe 2001, ha realizzato un gol che mi ha subito proiettato agli standard jazz degli anni Trenta, ben omaggiati da Paolo Conte nella sua ipnotica Jeever.
“Lampo di genio, vieni a salvami in fretta, non ne posso più di questo ambiente” è il breve tracciante che vale a identificare l’azione di Emanuele, che in soli 5 secondi – esattamente quelli che servono per ascoltare questa meravigliosa prosa – ha spiaccicato in rete dopo aver ricevuto palla sull’angolo sinistro dell’area, vezzeggiato in conduzione per un lieve passo di danza, e girato nell’angolino basso con un tiro tanto forte quanto preciso.
EccoVi il video della perla di Emanuele (al minuto 1.36)
Lo diceva, d’altro canto, Victor Hugo nei Canti del crepuscolo: la musica (ed aggiungo io, il gioco del calcio), esprime ciò che non può essere detto e su cui è impossibile rimanere in silenzio.
Parlando di forma, questo breve tracciante di Zuelli ha avuto un effetto dirompente su di me, perché di norma sono appannaggio di trequartisti o attaccanti, non certo mediani. Per cui, come dire, mi sono trovato di fronte ad un qualcosa di lontano dalla normalità, che ha reso così confusa la volta celeste.
Ecco chi vi presento oggi, dunque. Un centrocampista – peraltro ora stabilmente in prima squadra, dove ha esordito contro il Pordenone in serie B – che conoscevo poco anche io, ma che ho imparato ad apprezzare quasi per caso, gustandomi quella partita di dicembre che mi ha aperto nuove suggestioni.
Ho così iniziato a seguirlo con maggior acribia, e devo dire che – al di là delle indubbie caratteristiche che lo contraddistinguono (leggi qui la nostra scheda tecnica) – ciò che mi ha incendiato da subito è stata la naturalezza e la personalità con cui si muove in campo, dettando con confidenza inaspettata ritmi e tempi, anche di pressing.
Queste meccaniche, poi, hanno agevolato anche gli scout federali, che recentemente lo hanno portato a Coverciano, con la nazionale under 19, facendolo esordire contro la Svizzera.
Ecco, devo dire che ascoltandolo parlare di calcio mi ha confermato quello che ho inteso della sua anamnesi, e cioè che è un giocatore che necessita intimamente del contatto con la palla, e questo aspetto si riverbera poi nel giudizio obiettivo che se ne trae.
Non si fa certo fatica a capire il perché la sua sintesi è poetica del calcio verticale: “a me piace molto giocare la palla, toccarla proprio di continuo, muoverla, e poichè mi piace tantissimo la fase offensiva, posso dirti che vorrei giocare tutte le partite facendo possesso palla e basta, anche se so che questo non è sempre possibile”.
Emanuele, con questa breve spiegazione, pare identificarsi nella antinomia incarnata dal giocatore in bilico tra la ristrettezza del perimetro dove si muove ed il desiderio di spaziare, andando oltre (anche) con la fantasia e la creatività. Proprio come il suo punto di riferimento, Tiago Alcantara.
E questa concezione mi piace, perché come scriveva Henri Frederic Amiel (in Diario Intimo del 1881) – e sia consentita, al riguardo, l’ultima citazione a chiusura di questa breve riflessione – “la misura del talento non è ciò che vuoi ma ciò che puoi. L’ambizione indica solo il carattere dell’uomo, il sigillo del maestro è l’esecuzione”.
Come dire, caro Emanuele: vai e osa, sempre.
Buona lettura.
Intervista a Emanuele Zuelli
Grazie Emanuele per la Tua disponibilità. Comincerei dalla Tua storia: dove hai iniziato a giocare da bambino, ed il percorso che hai fatto prima di approdare al ChievoVerona.
Grazie a Voi, per l’opportunità. Ho iniziato a giocare a calcio nella squadra della mia città, il Bolzano, dove ho giocato circa 3 anni, poi sono passato al Sudtirol per altri tre anni, e prima di arrivare al Chievo ho giocato un anno al Gardena e quindi arrivo a Verona, dove ormai sono già 5 anni che gioco.
C’è qualcuno in particolare che ti ha trasmesso la passione per il calcio?
La passione per il calcio me l’ha trasmessa, sin da subito, mio padre, quando da bambino mi ha regalato una maglietta del Real Madrid, personalizzata con il mio nome, che comprò allo stadio Bernabeu. La custodisco ancora nella mia camera, nell’armadio, non solo per il ricordo, ma anche perché è bella. E’ un ricordo importante, perché appunto è partito tutto da lì.
Hai dei ricordi legati alle prime partite giocate da bambino?
Ricordi particolari no, però ti dico che da bambino mi divertivo tantissimo a giocare a calcio, con gli amici, ma anche con la squadra, ed ovviamente pensavo solo a quello. Divertirmi e basta.
In realtà te l’ho chiesto perché, sebbene in apparenza sembra essere una domanda banale, diventa però significativa se calibrata alle parole, crude, di Carlos Tevez, pronunciate in una recente intervista: “ho la stessa sensazione di quando giocavo da voi: i ragazzini sanno tutto di tattica ma la palla non la toccano bene. In Argentina si gioca ancora per la strada”. Cosa ti senti di dire ai bambini che si affacciano al calcio?
Ai bambini che si affacciano al mondo del calcio direi solo che devono pensare a divertirsi. Penso che partendo da lì, poi, viene tutto il resto, dall’approccio sino ai vari miglioramenti. Io credo che giocare a calcio, al di là di tutto, deve essere piacevole, e non lo devi fare perché sei costretto o perché te lo impone qualcuno, altrimenti non riesci ad esprimerti fino in fondo.
C’è una partita (o più partite) che ti sono rimaste impresse nelle giovanili? Ci puoi raccontare anche il motivo?
Senza dubbio il secondo derby che ho giocato, contro l’Hellas Verona, dove vincemmo 0-3, in casa loro. Il derby è il derby, nel senso che è una partita diversa dalle altre, si sente di più, e poi è a Verona è molto sentito, anche a livello giovanile. E’ stato davvero molto bello vincerlo, ed oltretutto segnai anche un gol, per cui direi che è questa la partita che mi è rimasta più impressa.
Parlaci di cosa significa far parte di questo club, che ambiente si respira, ed il senso di appartenenza anche per Voi giovani.
Sono molto contento di essere in questa società, perché punta tanto su di me, e trovo che per la mia crescita sia importante la fiducia, e li ringrazio per questo. Poi considera che questo è già il quinto anno qui, ho passato un sacco di avventure calcistiche, e mi hanno fatto crescere sia come uomo e sia come calciatore, per cui mi sento legatissimo alla società. Ora sono anche in prima squadra, quindi sono felicissimo. Spero continui ancora per tanto tempo questa “collaborazione” se così possiamo chiamarla.
A proposito di crescita, parliamone più diffusamente. Come sei migliorato tecnicamente e tatticamente nell’ambiente clivense, e soprattutto della metodologia di lavoro che si segue nelle varie categorie, specie nel tuo ruolo.
Guarda, come ti ho detto prima, al Chievo sono cresciuto in modo esponenziale, sotto tutti i punti di vista, tattico, fisico e tecnico. Devo dire che ogni anno, da quando sono qui, ho sempre cambiato allenatore, tranne con Mister Mandelli in Primavera, con cui abbiamo trovato una certa continuità, visto che è già da due anni con noi. Ecco, cambiare allenatori ogni anno significa cambiare metodologia di lavoro, però diciamo che non abbiamo mai lavorato su un qualcosa di specifico, nel ruolo o nei ruoli, ma sempre lavori di collettivo, di squadra.
Veniamo alle tue caratteristiche tecniche, che noi conosciamo molto bene, avendo pubblicato recentemente una scheda tecnica (leggi qui). Come però siamo abituati a fare, vogliamo sia tu a parlarci delle tue peculiarità principali e del tuo modo di giocare ed interpretare il ruolo di play. E soprattutto, dove, secondo te, dove puoi migliorare.
Guarda, io sono un giocatore a cui piace molto giocare con la palla, e questo è il secondo anno che gioco da mediano sopra la difesa – mentre prima giostravo come mezzala o esterno, con compiti differenti – per cui ora devo usare maggiormente la tecnica. Per quanto riguarda i difetti, direi che devo migliorare nel gioco aereo. In effetti è un aspetto che non ho mai allenato molto.
Scusami se ti interrompo, ma è proprio per questo motivo che ti ho chiesto, prima, della metodologia di lavoro nelle varie categorie, proprio per capire se i vari formatori vi aiutavano a colmare lacune evidenti. Ad ogni modo, giochi di norma “volante” di una mediana a 3, ma ne dai una interpretazione proattiva. Al di là delle tue qualità tecniche, hai letture posizionali, sai offrire linee di passaggio, associarti con il collettivo, giochi in corto ed in lungo, dai profondità, e dai anche fisicità alle tue partite. Avete dei principi di gioco codificati, ad esempio nella fase di non possesso? Ho notato che spesso aggredisci molto alto. E’ una richiesta specifica?
Si, esatto. In effetti è così, però bisogna anche distinguere dal tipo di partita, perché ci sono squadre che puoi aggredire alto e quindi andare a prenderli in modo aggressivo ed attaccarli in 1 vs 1, ed altre invece dove è meglio attendere, aspettare gli avversari e poi ripartire. Conta anche tanto il risultato in partita, quindi diciamo che ci sono situazioni e situazioni.
Sulla balistica, direi che è una tua peculiarità importante. Ho notato che spesso provi la conclusione da fuori. Anche da molto lontano. E’ una dote naturale, o la alleni continuamente?
Diciamo che in particolare non la alleno in modo specifico, anche perché in allenamento non facciamo tiri da lontano, però quando ho l’occasione, in partita, ci provo spesso, ma devo dirti che anche anche in partitella do sfogo a questa attitudine.
Contro il Sassuolo, hai realizzato un gol stilisticamente molto bello. Hai appoggiato l’azione offensiva, disordinando la mediana. Ricezione orientata sul vertice sinistro dell’area, conduzione e tiro sul lato opposto, imparabile. Ecco, questa tracklist possiamo considerarla un passaggio naturale tra le “ordinarie” richieste tattiche e le contrapposte “straordinarie” letture che un giocatore deve avere, oltre i dettami codificati? Io la chiamo “libertà discrezionale”.
Beh sai, certe dinamiche le alleniamo, anche se poi il gesto tecnico è soggettivo, che magari in allenamento provi venti volte e fai sempre gol, mentre in partita no. A me è andata bene, e sono riuscito a segnare.
Restando un attimo in tema di compiti e ruolo. Io credo ci siano tanti modi di far “girare” la squadra e di influenzarne il gioco; tu a chi ti ispiri maggiormente? E perché.
In realtà non mi ispiro a nessuno in maniera specifica, diciamo. Cerco di essere me stesso, e di esprimere il mio gioco. Però certo, se dovessi scegliere un giocatore allora ti dico senza dubbio Tiago Alcantara, perché mi piace come si muove, come fa correre la palla, ma in generale lui come centrocampista.
In questo senso, guardi dei video specializzati per comprendere dinamiche e movimenti?
No, in realtà non li guardo quelli specializzati, bensì – semmai – video sui tricks, sulle finte, i dribbling, ed in generale sulla fantasia, la creatività. Mi diverto un sacco a vedere le idee dei vari campioni, per poi provarli in allenamento o in partita.
Arrivati sin qui, vorrei spingermi un pò oltre: per come ho cercato di comprendere la tua meccanica, al di là delle tue indubbie doti, trovo però che la dimensione fisica della tua interpretazione ti potrebbe spingere, un domani, ad avvicinarti alla nomenclatura del “centrocampista totale”, quindi non solo specializzato al governo, ma anche ad altro, ad esempio ai compiti della mezzala a tutto campo, al raccordo tra i mezzi spazi, insomma alle moderne evoluzioni. Come la vedi?
Beh devo dire che in passato ho già agito, come ti dicevo, da mezzala e mi sono trovato sempre molto bene, anche se ovviamente cambiano i compiti, diciamo. Comunque non penso al domani, ma al presente perché è il momento più importante per me.
Certamente. Ormai sei in prima squadra.
Esatto. E quindi devo solo pensare a dare sempre il massimo. Poi chiaro, in generale penso a fare bene dove mi chiede il mister.
Non c’è dubbio. Però è un po’ quello che chiede il calcio evoluto, cioè versatilità. Pensi che potresti, un giorno, cambiare ulteriormente meccanica di gioco, magari alzandoti sull’ultimo terzo di campo, da trequartista? Hai questa curiosità di cimentarti in ruoli differenti, non solo a centrocampo?
Guarda, a dire la verità i ruoli li ho provati praticamente tutti, tranne il portiere [ride], ma diciamo di base curiosità in questo senso al momento no.
Nel calcio moderno, infatti, oltre alla versatilità, c’è bisogno sempre più di tecnica, che è alla base di ogni scelta (con l’obiettivo appunto di usare il palleggio per creare spazi alle spalle delle linee di pressione), nonché intelligenza calcistica e movimento costante senza palla. Questa nuova concezione ti trova in qualche misura coinvolto?
Si sono d’accordo e certamente il coinvolgimento nelle moderne strutture è sempre interessante. Come dicevo prima, comunque, dò sempre la mia ampia disponibilità al mister, per aiutare al meglio la squadra ed i compagni. Quanto all’uso del palleggio per creare spazi, tecnica, eccetera, devo dire che queste dinamiche le proviamo spesso in allenamento, anzi direi sempre. Passaggio, controllo, ricezione, movimenti a liberare, che secondo me sono le cose più importanti nel calcio.
Parliamo di forza mentale, che ritengo fondamentale per un giovane in procinto di fare il passo definitivo verso il calcio professionistico. Quanto conta nella tua crescita professionale? E’ una domanda complicata, che appare anche un po’ astratta in sé, però a me pare che il tuo modo di stare in campo, di capire la partita, interpretarla, derivi appunto da una forza mentale intrinseca. Che hai dentro.
Ma guarda, la forza mentale nella mia crescita ha avuto un ruolo importantissimo, ed anzi ti dirò che è probabilmente quella che sento davvero in modo molto forte, scusa il gioco di parole. Poi devi anche considerare che abitando fuori casa, da tanto, pur alla mia età, devo gestirmi ogni giorno, e penso non sia facile.
Su questi aspetti ne ho discusso con tanti tuoi colleghi di Primavera, sulla nostra Rivista. Credi sia una attitudine che può essere allenata? Ci sono figure professionali all’interno del club, oppure si privilegia l’aspetto tattico e tecnico?
Assolutamente si. Si può allenare, e ne sono convinto. In società le figure professionali ci sono, ma noi curiamo maggiormente l’aspetto tattico e tecnico.
Posso dire che l’aspetto mentale si riflette poi sulla certificazione della tua leadership, in campo e fuori, visto che sei il capitano della squadra? Che effetto fa indossare la fascia?
Sì, senza dubbio. La fascia di capitano per me è un onore indossarla, visto che la indossa solo un giocatore e quindi questo significa che lo staff, il Direttore, e la società in generale mi da davvero molta fiducia ed io cerco di ripagarli al meglio, cercando anche di essere un esempio per tutti, ma in particolar modo per i più piccoli, che magari un giorno sognano di arrivare dove sono io, sebbene non abbia fatto ancora nulla, in realtà.
Insomma, proprio “nulla” non direi, visto che ormai sei in prima squadra. Però ho notato che la “fiducia” è un tema molto ricorrente nella tua anamnesi, e questo mi piace.Ti faccio ora una domanda tattica e che riguarda il tuo specifico ruolo. Il calcio si evolve mediante il contrasto tra due macro-contesti, ossia lo sviluppo posizionale (possesso palla) e quello transizionale (riaggressione palla e ribaltamento selvaggio). In queste due grandi categorizzazioni, un centrocampista, per poter essere considerato moderno, diciamo anche “europeo”, deve sapersi adattare ad entrambi i modelli. Tu credi di poter stazionare in entrambi i modelli, tenendo conto delle tue caratteristiche? Oppure credi di essere più adatto ad uno piuttosto che all’altro contesto? E se si, a quale?
Siccome a me piace molto giocare la palla, toccarla proprio di continuo, muoverla, e poichè mi piace tantissimo la fase offensiva, posso dirti che vorrei giocare tutte le partite facendo possesso palla e basta, anche se so che questo non è sempre possibile. Ma in questo senso torniamo sempre al discorso che facevamo prima, sul dare sempre il massimo, nei vari momenti di gioco, anche perché le situazioni si possono ribaltare da un momento all’altro, come quando stai facendo un possesso sicuro, sbagli un passaggio e consenti agli avversari una ripartenza. Ecco, diciamo che devi stare sempre all’erta, concentrato, adeguarti e soprattutto avere la capacità di riorganizzarti in fretta.
E invece con riferimento alle statistiche? Ormai tutto il calcio le catalizza ed anche Voi ragazzi ne siete giocoforza coinvolti. Come ti poni di fronte alle tue statistiche? Le studi o le studiate, con lo staff?
Le mie statistiche no, non le studiamo, in generale, e neanche io ad essere sincero. Però ti dico che riguardiamo le nostre partite, tutti insieme, con i compagni, lo staff tecnico, per capire gli errori per migliorare tutti insieme.
Guardate anche però le cose positive, non solo quelle negative.
Si, assolutamente. Guardiamo anche specialmente le azioni che sono venute bene, perché anche gli aspetti positivi portano alla crescita.
Capitolo nazionale: a febbraio sei stato convocato per la prima volta con l’under 19, debuttando contro la Svizzera. Parlami delle emozioni che hai vissuto per aver vestito la maglia azzurra, e che ambiente hai trovato.
Guarda, vestire la maglia azzurra per la prima volta è stata un’emozione inspiegabile. Credo che tutti vogliano arrivare ad indossare la maglia azzurra, e quindi è un sogno che si è avverato e che continui. Per quanto riguarda l’ambiente, devo dire che ho trovato un gruppo molto aperto, disponibile, davvero tutti molto bravi.
Circa le metodologie di lavoro, sappiamo che allenarsi nel club ed in nazionale è molto differente. Come si lavora in nazionale? Cosa fate a livello tattico?
In realtà, sai, avendo fatto solo due giorni ho cercato di fare tanti esercizi in poco tempo, anche per conoscere un mondo nuovo, ambientarmi, e cercare lo stile di gioco.
Parliamo un po’ di calcio giovanile, in generale. Tanti ragazzi, purtroppo, sono costretti ad emigrare per giocare, e questo, a mio avviso è una sconfitta per il nostro calcio, come ad esempio Arlotti, Cudrig, Pellegri, Franchi (al Psg) ed altri. Puntare sui giovani italiani è un refrain che sto portando avanti da molto, e quindi bisognerà che il sistema calcio faccia qualcosa. Ti chiedo, quindi cosa pensi della situazione, e se noti ad esempio ancora una certa mancanza di fiducia nei giovani.
Io credo che negli ultimi anni la fiducia sta crescendo, però è ancora molto minore rispetto a quello che fanno in Inghilterra, Germania e Francia.
Rovesciando un po’ il discorso, ti vorrei chiedere cosa pensi di una ipotetica esperienza in categorie inferiori, magari in Lega Pro od in serie B, e quindi in campionati sporchi, cattivi, come peraltro stanno facendo tanti tuoi colleghi, vedi Bellodi, Bettella, Salvatore Esposito, Nicolussi Caviglia, e tanti altri. Sono esperienze che se prese con la giusta motivazione ti arricchiscono secondo me, tanto è vero che questi ragazzi si sono messi in mostra, giocando moltissimo. Li ho intervistati per la Rivista, sia Bellodi che Esposito, e mi hanno parlato di esperienze gratificanti, che oltretutto hanno consentito loro di non perdere la nazionale giovanile.
Guarda, a dirti la verità non saprei risponderti, anche perché non ho ancora vissuto praticamente niente con i grandi, a livello professionistico, essendo arrivato in prima squadra da due mesi solamente. Logicamente sto vivendo l’esperienza con grande concentrazione e devo dire che mi stanno insegnando tante cose, e del resto ci sono compagni di squadra con molta più esperienza di me e quindi credo che – in generale – una esperienza in Lega Pro o in serie B ti faccia crescere davvero tantissimo, questo si.
Adesso arrivano le domande un po’ complicate ma secondo me stimolanti, per voi. Magia e passione. Secondo me si sta perdendo un po’ la vera essenza del calcio. Il 24 maggio in Vaticano si è tenuto un evento dal titolo “Il calcio che amiamo”; tra i tanti passaggi più emozionanti del Pontefice, vi sono questi: “La felicità è dare un pallone a un bambino per giocare (…), dietro a una palla che rotola c’è quasi sempre un ragazzo con i suoi sogni e le sue aspirazioni (…). Spesso si sente dire anche che il calcio non è più un gioco: purtroppo assistiamo, anche nel calcio giovanile, a fenomeni che macchiano la sua bellezza. Ad esempio, si vedono certi genitori che si trasformano in tifosi-ultras. Il calcio è un gioco, e tale deve rimanere (…). Si rincorre un sogno, senza però diventare per forza un campione. È un diritto non diventare un campione”. Ecco, riflettendo un attimo davanti a queste parole significative, credi che il calcio stia davvero perdendo la magìa che aveva nella nostra infanzia?
Io credo di si, in effetti si sta perdendo un po’ la magia, ma devo dire che secondo me è un po’ anche normale. Mi spiego: da piccoli pensi solo a divertiti ed a giocare con gli amici, senza pressioni, poi mano a mano che cresci e sali di categoria la competitività si alza e quindi le persone iniziano ad aspettarsi di più da te, e magari se sbagli puoi rischiare di perdere fiducia.
I tuoi genitori ti hanno messo pressione in questi anni?
No. Direi di no. Mi hanno sempre sostenuto e spronato. Anzi, diciamo che sono sempre stati sereni, e di conseguenza anche io..
Restando in tema di genitori, avrai letto della proposta di Giovanni Galli di obbligare i genitori a partecipare a riunioni rieducative e ascoltare i consigli di psicologi, dirigenti sportivi e pedagogisti, su come ci si comporta sugli spalti. Lo stesso Di Michele, nella intervista pubblicata su questa Rivista, mi ha parlato di aspetti interessanti: “Sono convinto che sia molto più importante parlare con i ragazzi di etica e di rispetto, piuttosto che di calcio giocato, di tattica e di tecnica”. Ecco, noi teniamo molto a questi ideali dell’etica e del rispetto, per cui ti chiediamo di dirci due parole al riguardo.
Le riunioni rieducative sono interessanti, e quindi penso proprio che non facciano male a nessuno. Anzi.
Capitolo razzismo. Da anni assistiamo a frequenti episodi di razzismo (da ultimo a Verona, con Balotelli che scaraventa il pallone in curva). Voi ragazzi come vivete queste situazioni? Hai mai assistito ad episodi simili? Vi infastidiscono? Credi che si possa migliorare, ed in che modo?
Io credo che sia folle che ancora oggi si debba parlare di razzismo. Per fortuna non ho mai assistito ad episodi del genere e spero di non assistervi mai, ad essere sincero, anche perché mi potrebbero infastidire molto. Comunque penso si possa migliorare, anche se non saprei come.
Ti vedo spesso giocare con il n.4. Ha un significato?
No, in realtà non ha un particolare significato.
C’è un calciatore con cui vorresti giocare un giorno? Ed un allenatore? Se si, puoi descriverci le motivazioni?
Credo che tutti vogliano giocare con Cristiano Ronaldo, o Messi, o Neymar o Mbappè. Sono i migliori del mondo. Idem gli allenatori: Guardiola o Klopp, che hanno vinto un sacco di trofei.
Segui il calcio estero? Quale?
Principalmente la Premier League, per i ritmi. L’intensità è davvero molto alta, e seguo le squadre più importanti, perché mi diverto proprio tanto a vederle giocare.
Ci parli dell’Emanuele “ragazzo”? Passioni, hobby, studio, amicizie.
Siccome vivo in convitto, sono sempre accerchiato da amici, compagni di squadra e ci divertiamo spesso. Ascoltiamo tanta musica in stanza, e in generale stiamo bene insieme
Ultima domanda: il ruolo della tua famiglia rispetto alla tua carriera.
Io abito lontano da casa da 5 anni e la famiglia la sento solo al telefono, e quindi la vivo poco, ma sento sostegno. Infatti quando c’è qualcosa che non va, li chiamo e loro mi aiutano, cercano di risolvere la situazione
Ringraziamenti
Si chiude anche questo interessante dialogo vis a vis, con Emanuele, che ringrazio per la disponibilità e la serietà con cui si è prestato, ed a cui va certamente il nostro augurio di una brillante carriera.
Ringraziamo, poi, per la fiducia manifestata, la società A.C. ChievoVerona, nella persona del Responsabile Area Comunicazione, sig. Dino Guerrini.

(Fonte foto “FOTO BOLDRINI/CHIEVO”)